Un cantiere didattico
Fra il 1939 e il 1945 la Germania nazionalsocialista, con l'aiuto di efficienti collaboratori, attuò il massacro di circa 5,9/6,2 milioni di ebrei europei. Si trattava di circa la metà degli ebrei del Vecchio continente e oltre un terzo di quelli del mondo intero.
Le radici di questo genocidio furono latenti nell'Europa cristiana per secoli e la sua matrice fu un antigiudaismo innalzato a visione del mondo, un codice culturale che ha corrotto una civiltà conducendola a cancellare un intero popolo. Per portare a compimento un crimine di tali proporzioni, fu necessaria la collaborazione di milioni di europei e l'indifferenza di un numero ancor più ampio di persone.
Auschwitz si profila come una rottura di
civiltà, l'evento che segna il
tramontare della ragione. In un testo del 1944,
poi raccolto in Minima
moralia, Adorno presenta lo
sterminio amministrativo e tecnico degli ebrei,
messo in atto con i metodi tipici di un lavoro
meccanizzato, come il vertice dell'inumanità raggiunto dalla
nostra civiltà. Nello stesso anno
Hannah Arendt indica nei massacri amministrativi
ispirati alla teoria razziale nazista degli
eventi che sfidano non solo l'immaginazione
umana, ma anche le categorie del pensiero e
dell'azione politica. Le fabbriche della
morte appaiono nei suoi scritti come
l'esperienza centrale della nostra epoca.
La Shoah è divenuta oggi una sorta di religione laica con i suoi riti, i suoi miti, i suoi luoghi della devozione ma rimane anche un prisma di lettura dell'attualità. I giornali dell'ultimo periodo che riportano sempre più spesso di riprese antisemite e del diffondersi ormai capillare del rifiuto razziale, collegato e in parte alimentato dall'ossessione securitaria, impongono alla scuola di predisporre percorsi e strumenti didattici così da mettere gli studenti in grado di orientarsi sulle delicate questioni della cittadinanza e dei diritti connessi.